Tempo di raccogliere le idee dopo un evento di successo. Cosa serve alla telemedicina? Innanzitutto il coinvolgimento dei medici, ma anche ragionare su tre modelli: organizzativi, di implementazione tecnologica e di acquisizione. Facciamo il punto con Ottavio Di Cillo, presidente dell’Associazione italiana Sanità digitale e Telemedicina (AiSDeT), reduce dalla due giorni degli Stati generali della Telemedicina che ha radunato a Bari ben 22 società scientifiche.
“Il convegno è andato molto bene, a partire dal fatto di aver messo intorno a un tavolo finalmente i medici, che sembravano un po’ defilati dalle riflessioni sulla telemedicina, ma in concreto sono coloro che devono dare un servizio al cittadino: è importante creare una squadra per la telemedicina in cui ci siano anche i medici, poco sentiti finora a livello romano”, commenta l’esperto.
“Durante gli Stati generali è stato sottoscritto un documento condiviso che prende le mosse dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che dà molta importanza al fascicolo sanitario elettronico: tutto ciò che non è interoperabile con esso, non sarà finanziato – afferma -. È necessario partire dagli atti normativi, che delineano la creazione di un ecosistema nazionale della telemedicina. Un ecosistema che deve includere tutti, tecnici, startup, utenti, e ovviamente i medici”.