Non più di due decadi fa era convinzione comune in cardiologia che il cuore fosse in grado di rispondere a stimoli patogeni aumentando la sua massa contrattile attraverso meccanismi indipendenti dalla divisione cellulare. Come è accaduto per molti “dogmi” scientifici, questa concezione “statica” del cuore non ha resistito a scoperte che ne hanno provato l’incompletezza. Oggi sappiamo che il cuore ha una sua capacità rigenerativa intrinseca, seppure molto limitata, pari all’incirca al 1% annuo del totale delle sue cellule, che si riduce con il progredire con l’età. Una capacità auto-rigenerativa chiaramente insufficiente, da qui le ragioni delle vecchie convinzioni, a far fronte a malattie cardiache degenerative, come l’infarto o l’insufficienza cardiaca. Tuttavia, questa scoperta ha lo stesso rivoluzionato la biologia del cuore ed ha rappresentato, in ambito di ricerca, una fondamentale rivoluzione culturale, che ha dato impulso alla cosiddetta cardiologia rigenerativa, nata con il grande obbiettivo di potenziare la rigenerazione cardiaca nel momento in cui il cuore si ammala, dato che, lasciato a sé stesso, non è in grado di farlo. La cardiologia ha così fatto ingresso nel mondo delle terapie biologiche, ed in particolare delle nuove terapie con medicinali avanzati (ATMP).
Costruzione e revisione di percorsi diagnostici terapeutici e assistenziali condivisi
Nuovi percorsi assistenziali per pazienti con patologia cronica Una patologia cronica incide sulla qualità della vita di tutti i giorni di coloro che ne sono