Paolo Pronzato, Direttore dell’Unità Operativa di Oncologia Medica 2 dell’Ospedale Policlinico San Martino di Genova fa il punto sulla rete per l’assistenza oncologica che risente della carenza di personale che inizia a sentirsi anche tra gli oncologi medici. Ecco le sue riflessioni:
Secondo tutte le stime, il numero dei casi e, di conseguenza, i bisogni assistenziali dei pazienti neoplastici continueranno ad aumentare nei prossimi anni: a incidenza standardizzata costante, corrisponde infatti un aumento dei nuovi casi osservati, soprattutto a causa dell’invecchiamento della popolazione. Inoltre, aumenta la complessità delle cure: a differenza della “vecchia” chemioterapia, le nuove terapie sono più efficaci e più tollerabili, e possono essere quindi offerte anche ai pazienti anziani o con comorbidità. Ma questo richiede un impegno maggiore.
Per fronteggiare le nuove sfide, l’Italia può contare su una buona rete per l’assistenza oncologica, come comprovato dai tassi di sopravvivenza a 5 anni, tra i migliori in Europa. Essa è composta dagli Istituti Scientifici Tumori aderenti all’Alleanza contro il Cancro, che conducono anche ricerche cliniche e traslazionali di ottimo livello; dalle Reti Oncologiche Regionali, che assicurano un’erogazione delle terapie diffusa e omogenea; dai Gruppi Cooperativi, che facilitano l’accesso alle sperimentazioni cliniche.
Tuttavia, la carenza di personale inizia a sentirsi anche tra gli oncologi medici, e ciò comporta profondi ripensamenti che prevedono, per esempio, la valorizzazione di figure professionali quali quella del medico di famiglia (MMG) e l’infermiere di comunità, e una diversa distribuzione dei compiti tra hub e spokes.